Di Davide Rossetti
Mi sono laureato in Lettere a marzo 2020. Durante il periodo dedicato alla stesura della tesi mai avrei immaginato che, dopo pochissimo tempo, avrei vissuto sulla pelle ciò di cui mi stavo occupando e che stavo studiando.
I temi del mio elaborato, il distacco e l’assenza ne Le occasioni di Eugenio Montale, sono diventati, quasi ironicamente, una prassi quotidiana più di quanto non fosse stato nel periodo precedente la discussione e la proclamazione.
Il “distanziamento sociale” mi è subito apparso come l’occasione per tornare a riflettere sull’esperienza montaliana. La discussione della tesi, effettuata on line su Skype, è stata uno dei primi momenti per sperimentare quello che avremmo vissuto un po’ tutti: l’isolamento dalle persone a noi care. È comune infatti l’aver vissuto il periodo della quarantena come un tempo in cui l’Io deve affrontare la mancanza del Tu.
Credo sia interessante approfondire l’esperienza di Montale e Irma Brandeis (più nota come Clizia) durante gli anni ’30 del Novecento. La distanza della donna amata è infatti uno dei motivi principali della seconda raccolta poetica dell’autore ligure.
Clizia era una giovane americana studiosa di letteratura. Conosce Montale nel 1933 a Firenze. Fino al 1939 i due daranno vita ad una delle “relazioni a distanza” più dense della letteratura italiana.
L’assenza fisica di Clizia diventa per il Poeta il paradosso della sua presenza, ispirazione della sua poetica.
Distacchi, assenze, esili, partenze: è possibile sentirsi congiunti, in assenza del corpo dell’Amato?
Il mottetto 15 della seconda sezione de Le Occasioni fornisce una sua prospettiva.
«Al primo chiaro, quando…» mi affascina per vari motivi, in particolar modo perché racconta di «luce» e «buio», di «silenzi» e «rumori», e perché permette di tenere viva la speranza che il Tu, pur essendo assente, possa ancora essere presente.
Al primo chiaro, quando
Eugenio Montale, da “Le occasioni”, 1939
subitaneo un rumore
di ferrovia mi parla
di chiusi uomini in corsa
nel traforo del sasso
illuminato a tagli
da cieli ed acque misti;
Nella prima strofa il lettore può sentire il rumore improvviso di un treno all’alba. I passeggeri devono affrontare un percorso in cui si alterneranno gallerie, dunque zone di buio, a panorami di grande ampiezza, nei quali si possono scorgere il cielo e il mare. L’immagine degli «uomini chiusi» rimanda, in questo contesto, ad una situazione di claustrofobia accentuata dal fatto di trovarsi in un mezzo chiuso in movimento.
al primo buio, quando
il bulino che tarla
la scrivanìa rafforza
il suo fervore e il passodel guardiano s’accosta:
Eugenio Montale, da “Le occasioni”, 1939
al chiaro e al buio, soste ancora umane
se tu ad intrecciarle col tuo refe insisti.
La seconda strofa riprende, con una variazione del momento del giorno, il primo verso. Lo scenario è cambiato: non è più una scena collettiva (il treno) nella quale non vi sono contatti, bensì una zona più domestica, uno studio. C’è solo un rumore: quello prodotto dall’azione del tarlo cui il poeta associa, attraverso una metafora, il «bulino», strumento usato per incidere materiali come l’acciaio. Il tarlo sembra assumere ancora più audacia col favore della notte e mangia il legno della scrivania mentre all’esterno della casa l’io percepisce dei passi, attribuiti ad un «guardiano» che si sta avvicinando all’abitazione in cui si trova lo studio.
Il senso complessivo della lirica è tuttavia rivelato nei due versi finali: i momenti del «chiaro» e del «buio» dei versi iniziali delle strofe ritornano e fanno capire come il rapporto fra il tu, la donna amata, e l’io, il poeta, sia legato, non solo metaforicamente, dal pensiero di lei che «intreccia» con un filato resistente, il «refe», tutti i momenti della giornata dell’innamorato: le «soste […] umane». Si capisce, dunque, che il pensiero verso lei è costante e che la presenza del tu è garantita dall’insistenza del pensiero di lei, che la rende, dunque, presente nei momenti della quotidianità.
La mancanza della persona amata è diventata quindi l’occasione per ripensare al legame che il Poeta ha molto a cuore e che è ben solido. Anche la scelta di creare un unico periodo sintattico rinforza la continuità e l’insistenza del pensiero di lei.
Trascorrere del tempo con la poesia di Montale mi ha permesso di conoscere una rielaborazione delle esperienze del distacco e dell’assenza. In particolar modo Le occasioni aiutano a vedere come il poeta, accompagnando il lettore nella sua creazione artistica, tenga viva la speranza di un riavvicinamento e di un ritorno alla relazione.
Per approfondire:
Montale, E., (2018), Le occasioni. A cura di de Rogatis, T., Milano, Mondadori.
Montale, E., (1996), Le occasioni. A cura di Isella, D., Torino, Einaudi.
Marini, P., Scaffai, N. (2019), Montale. Roma, Carocci.